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      I piccoli sono severi. Credetemi, bisogna esser grande per esser indulgente, veder lontano ed aggiornare il giudizio.
      Don Diego salutò pulitamente il barone ed uscì, lasciandolo immerso in una stupefazione profonda. Era il primo uomo che egli incontrava nel suo partito, dopo il colonnello Colini che ne era il capo.
      Don Diego si rese in seguito presso l'impiegato del ministero.
      Don Domenico Taffa aveva terminato il suo desinare e digeriva dolcemente, fumando un eccellente zigaro e leggendo tale o tal altro giornale francese, cui la censura del ministero sopprimeva agli abbonati per distribuirli a certi impiegati privilegiati. Don Domenico, anch'egli, aspettava il prete da lungo tempo, e non senza impazienza. E' lo ricevè dunque con una soddisfazione marcata, gli offerse sigari, caffè, liquori, cui Don Diego ricusò, ringraziando.
      - Io vi doveva una risposta, disse Don Diego sedendosi: ve la porto.
      - Mi portate voi la mia felicità? domandò Don Domenico.
      - Forse. Perocchè il peso d'una bella donna gli è la più spaventevole delle cure, per tutt'uomo che non ha a sua disposizione gli eunuchi ed il sacco del Sultano, la Banca d'Inghilterra, od il potere illimitato dello Czar.
      - Che volete voi dire?
      - Questo: che io vi ringrazio dell'onore che mi avete fatto domandandomi la mano di mia sorella, cui io sono nell'impotenza di accordarvi.
      - Voi me la rifiutate dunque?
      - Precisamente no, nello stato in cui sono le cose. Ma io non posso darvi ciò che non ho più: mia sorella mi è stata rapita, o piuttosto, ella ha disertato dalla casa.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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