Noi abbiamo tutti un idolo nel cuore; il vostro è d'oro, il mio è d'amore.
- Sta bene. Ringuainate codeste frasi risuonanti, io ne ho lo spaccio privilegiato. Vi accordo otto giorni per riflettere, se n'è tempo ancora. Vi hanno ingannato sull'onnipotenza dei gesuiti. Non vi sono a Napoli che due uomini potenti, più potenti che lo stesso re: monsignor Cocle ed il marchese di Sora. Il primo domina il re per la coscienza; l'altro lo tiene per la paura. Questi due personaggi sono miei amici. Essi saranno i vostri protettori quando lo vorrete. Non aggiungo altro. Voi non siete più un fanciullo. In questo paese nulla si dona; tutto si vende - anche il diritto di vivere. Di quale moneta pagate voi il vostro? Tutta la quistione è là. Riflettete.
- L'è già bello e riflettuto, replicò Don Diego, alzandosi. Io non ho nulla ad offrirvi, e sono felice che voi non abbiate più nulla a prendermi. Mia sorella era la mia debolezza; strappandomela dai fianchi, mi hanno reso forte. Addio, signore. Quando avrò i miei sei mila ducati, avrò l'onore di venirvi a rivedere di nuovo.
- Voi non li avrete giammai. Al P. Piombini non resterà l'ultima parola in questo affare, potete contarci.
La sera, Don Domenico Taffa ebbe un abboccamento con monsignore Cocle.
Don Diego rientrò in casa assai inquieto. L'orizzonte di rosa che cominciava a contemplare, offuscavasi di un tratto. Gli spettri dell'avvenire ricominciavano la loro danza macabra. Pensò distrarsi nel lavoro, questa forza divina che tutto santifica. Prevenne il canonico Pappasugna del pericolo che lo minacciava, assicurandolo che la sua opera non sarebbe interrotta, per quanto ciò fosse possibile.
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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1874
pagine 387 |
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