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      Don Raffaele, il carceriere in capo, lo cacciò senz'altro nella più orribile segreta.
      L'arresto fu significato al ministro della polizia.
      Il marchese di(30) Sora era di già gelosissimo e profondamente ulcerato della parte importante che il conte di Altamura si attribuiva nella polizia del regno e sopra tutto della parte indipendente che vi si era tagliata. Il re gli aveva accordato di agire al di fuori dell'autorità ministeriale. Perocchè Ferdinando II, diffidando di tutti, aveva organizzato nell'amministrazione lo spionaggio mutuo, non perchè l'amministrazione funzionasse meglio, ma perchè non lo giuntassero nella parte ch'ei prelevava sulle ladrerie e sulle mance dei funzionari. Tutti i ministri gli presentavano questa parte del profitto del brigantaggio amministrativo sotto il nome di risparmio.
      Ferdinando II dava, dalla sua parte, venti soldi per una messa e pregava Iddio per la prosperità del suo regno. Egli sapeva che il suo popolo era divorato "fino all'osso", come diceva Richelieu. Egli avrebbe potuto ripetere come il reggente: "Se io fossi suddito, mi rivolterei." Egli ripeteva come il suo bisavolo, Carlo III di Spagna, quando volle sbarazzar gli Spagnuoli dei gesuiti: "Essi sono come i fanciulli: piangono quando gli si netta!"
      Il marchese di Sora mandò dunque un suo commissario per cominciare l'istruzione e sottomettere Don Diego all'interrogatorio. Egli aveva un gran desiderio di presentare al re, anche una volta, un arresto arbitrario, avventato ed avventurato, forse per ragioni private, su falsi dati.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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