Ma gli era mestieri che Don Diego risultasse innocente, dopo le prove pił spaventevoli per le quali si farebbe passare. Se Don Diego soccombeva, tanto peggio per lui. E' non si trattava qui della sua innocenza o della sua colpevolezza, ma dell'onore e dei rancori del ministro. Il commissario Gravelli non pertanto era umano e discreto. Il marchese di Sora lo sapeva e contava su di ciņ.
La segreta, ove avevano immerso Don Diego, era a cinque o sei metri al di sotto del livello del suolo, praticata in un gomito che faceva la cloaca collettrice di tutte le sentine dello stabilimento. L'aguzzino ed il prigioniero discendevano, mediante una scala mobile, in un corridoio stretto, che corre lungo le segrete scavate nel muro delle fondamenta ove sono le porte. Un piccolo abbaino a cancello di ferro tagliato sulla porta dava aria alla muda. Di luce, non era proposito: le tenebre eterne vi regnavano come sulla pelle del negro. Il prigioniero non vi poteva restare nč in piedi nč coricato: in piedi, egli avrebbe potuto considerarsi ancora come un uomo: coricato, egli vi avrebbe forse trovato la ridente illusione del sepolcro. Un'infiltrazione perpetua di un liquido nero, glutinoso, che avrebbe asfissiato il faro del Molo, sgocciolava lentamente, colla regolaritą di una clepsidra, e cangiava il suolo in un fondo di pozzo melmoso ove brulicavano degl'insetti cui l'entomologia non ha ancora classificati. Nelle condizioni psicologiche della vita ordinaria e normale, non vi si sarebbe potuto vivere ventiquattro ore.
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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1874
pagine 387 |
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