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      Il principe di Schwartzemberg istruì Bambina, in poche parole, in qual modo ella avesse a presentarsi ed a parlare, al re, ma si astenne, naturalmente, di abbozzarlene il ritratto. Non avrebbe potuto farlo, senza mancar di rispetto a quella maestà.
      Tutto ciò che negli altri individui è normalmente vizio o qualità, dono o difetto, Ferdinando II lo aveva in caricatura. Aveva una testa d'imperatore romano, un po' Vespasiano un po' Tiberio. Quella testa però barcollava sur un collo troppo corto, spiccava fuori di un tronco di bastagìo, un tronco dalle spalle alte, dal petto rientrato, dalla spina dorsale equivoca, dall'epa protuberante. Le coscie corte, le gambe lunghe, il braccio forte, l'avambraccio esile, terminavano per dei piedi e delle mani da zoccolante. Gli è vero che un cappuccino si era mischiato un tantino alla fusione di questa statua di eroe, come dicevasi, avanti o poi che la fosse in forma.
      Ferdinando II era uno dei tre sovrani epilettici dell'epoca, con l'imperatore di Austria Ferdinando e Pio IX. Di quinci il suo colorito giallastro come la scorza del mangustan, quel non so che di sbalestrato nel suo sguardo non mai vellutato. Gli occhi grigi, - che d'ordinario sono espressivi e senza malandrineria, - avevano in lui l'aria degli occhi di un lupo malinconico. La sua fronte pretuberava. Ma lungi dallo indicare l'intelligenza con i suoi bernoccoli la somigliava ad un cercine di carne gonfiata, qualche cosa come quel giro di capelli intonsi che i francescani si lasciano intorno al cranio per imitare la corona di spine del Cristo.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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