Partiremo per l'America sul naviglio da guerra che è nel porto. Rinnovelleremo il nostro matrimonio solennemente a New York. Ecco ciò che ho potuto fare. Vostro fratello è istrutto delle mie pratiche. Io non ho che questo a dirvi.
Vi era nell'accento del padre Piombini qualche cosa di così penetrante, di così toccante, che Bambina non trovò nulla a rispondere. Ella vedeva quell'uomo sotto una luce nuova, al fisico come al morale. Il gesuita non esisteva più che quasi come una memoria benefattrice. L'ammirazione, il rispetto, la riconoscenza, un fascio di sentimenti femminini nuovi, qualche cosa di incognito e d'indefinito che circolava nelle sue vene ed ossidava il suo sangue, un'aureola iridata e vagabonda che solcava il suo guardo interiore, paralizzavano la sua lingua, precipitandovi motti incoerenti e tumultuosi. Il gesuita interpretò quel silenzio in cattiva parte. Credette comprendere che ciò che aveva fatto non bastasse per la giovinetta e soggiunse:
- Nel mondo, io era un giorno il conte Bonvisi. Se ciò vi sorride meglio che il pastor protestante, noi possiamo fermarci in Inghilterra. Io reclamerò la mia fortuna. Lasciando la Società, la mia fortuna considerevolissima mi ritorna, io farei qualche sacrificio per evitare un litigio. Il padre Rothaan è savio. Egli preferirà conservare alla Società cinque o seicentomila franchi e restituirmi il resto, facendomi passare come partito per la missione della Cina o del Giappone, - là donde non si ritorna mai o si ritorna carcame di martire.
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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1874
pagine 387 |
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