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      A mezzanotte, egli dava la sua terza rappresentazione della serata. Si sentì sollevato. Trovò sè stesso, perchè i romani avevano cominciato a farlo dubitare di sè. Ed e' fu soltanto allora, ch'egli si accorse di aver fame, sete, sonno. Si pagò una carrozzella e ritornò al palazzo del marchese di Tregle. Spogliandosi per coricarsi, cercando non so che nelle sue tasche, trovò la lettera e si risovvenne che egli non aveva adempita la commissione di cui aveva tolto impegno.
      - Animale che sono! gridò don Gabriele dandosi un grande schiaffo. E l'altro che mi aveva raccomandato di portar questa lettera immediatamente! Al postutto, che si possono dire due gesuiti? prega Dio per me, io prego Dio per te, preghiamo Iddio per tutti coloro che ci lasciano la loro fortuna e non ci chieggono nulla della nostra. Andiamo, su! dormiamo adesso. Gli è un ritardo della diligenza, che mo'! un cavallo crepato per via! un postiglione preso da un colpo di apoplessia! un incontro di briganti che so io? Vi è stato malore in viaggio. Io porterò la lettera domani mattina alle nove.
      In questo frattempo, il corriere del padre generale Rothaan divorava la via. Egli non era partito il dì seguente, come avea supposto il P. Buzelin, ma due ore dopo la diligenza. Egli prendeva i cambi lasciati da questa. Gli era un piccolo uomo segaligno, giallo, bilioso, che dava doppia mancia per arrivar presto, che non mostrò il suo debile corpo vestito di nero che una sola volta, a Fondi, per trangugiare un paio d'uova e che si impazientava borbottando ma senza parlare.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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