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      - Che cosa vi occorre dal padre Piombini?
      - Ho bisogno di parlargli.
      - Chi siete voi? lo conoscete voi?
      - È il mio confessore, rispose intrepidamente don Gabriele.
      - In questo caso, sclamò frate Colella, pregate per lui.
      Nel tempo stesso tirò la maniglia di una porta che immetteva in una cameruzza dietro la sagrestia e mostrò al giocoliere di marionette una bara coperta da una coltre nera, posta sur un soppalco e rischiarata da quattro candelabri. Don Gabriele ebbe un brivido glaciale.
      - Come? sclamò egli, il padre Piombini(44)...?
      - È morto ieri, alle cinque, di un attacco di apoplessia... sierosa, io credo, ha detto il medico... che si è chiamato all'istante.
      Don Gabriele fuggì dalla chiesa a tutte gambe, perseguitato da una voce interna che gli gridava: Assassino! sei tu che lo hai ucciso!
      Le parole del padre Buzelin, a Roma, risuonavano al suo orecchio come un'accusa. I pupazzi gli facevano oramai orrore: l'incanto d'ieri si cangiava in rimorso che non si assopirebbe mai più. Ei corse la città senza sapere ove andasse, e senza neppure rammentarsi più della lettera. Mille progetti traversarono il suo spirito, dei quali il più insistente era quello di recarsi dal prefetto di polizia e di denunciare l'omicidio. Questa idea lo fece pensare alla lettera. Egli non sapeva leggere. Ma con sagacità considerò ch'ei non poteva dare a leggere quella missiva al primo venuto e gettare così al vento un segreto di quella importanza. Gli occorreva un uomo sicuro. Rientrò allora in casa e pregò l'intendente del marchese di Tregle, uomo prudente, di leggergli la lettera.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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