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      Ci ritroveremo più tardi, non dubiti, e gli faremo espettorare il capitale con gl'interessi composti.
      Concettella completò la guarigione.
      Il dì seguente, alle otto del mattino, una vettura si fermò alla porta di Don Diego. Alle nove meno un quarto, egli era a Palazzo per la sua udienza.
      Alle nove il re lo riceveva.
      Una circostanza colpì da prima Don Diego. Re Ferdinando che discendeva di carrozza per baciar la mano al più umile prete e frate cui incontrava per istrada in campagna, non baciò l'anello episcopale del nuovo unto.
      - Come? sclamò subito il re con agro umore, è stato mestieri farvi ricordare il vostro dovere di venirmi ad informare, non appena di ritorno da Roma, del colloquio che avete avuto col papa?
      - Supplico V. M. di scusarmi, rispose Don Diego con calma e dignità. Mettendo il piede in casa mia, vi ho trovato un disastro che mi ha annientato.
      - Che disastro?
      - Mia sorella si era suicidata.
      Il re ebbe una scossa. Poi susurrò come si parlasse da solo:
      - Ella diceva dunque il vero!
      Seguì un silenzio di qualche minuto, durante il quale Don Diego credè avvedersi dal movimento delle labbra del re ch'ei recitasse una qualche preghiera. Poscia soggiunse:
      - Quale è stata dunque l'ultima conversazione che avete avuto con Sua Santità? Pio IX n'è stato forte offeso e me n'ha fatte presentare delle rimostranze.
      Don Diego raccontò la verità nei suoi minimi particolari. Il re ascoltò, contorcendosi sulla sua sedia. Don Diego vedeva spuntare un'esplosione formidabile.
      E' s'ingannava.
      - Io vedo, sclamò Ferdinando, che se noi fossimo ancora ai tempi del marchese Tanucci e ch'e' bisognasse avere ancora delle lotte di supremazia con la Santa Sede, per la sua superiorità sul Regno, noi potremmo contare su voi.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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