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      Altra osservazione di Don Diego. Il re non si comunicò, come faceva ogni giorno.
      - Quel don Chisciotte mi odia decisamente, si diceva Don Diego sbrigando la sua bisogna per tornare al più presto in casa sua.
      Quando la messa fu finita, il conte di Altamura si tirò da banda per lasciar passare il re. Il re non uscì e lo chiamò.
      - Che c'è? dimandò egli.
      - Ho degli ordini a prendere da V. M.
      - Dopo la messa, rispose il re.
      - Ma....
      - Ma che? Tu credi dunque che la sia una messa quella che quel vescovo di Satana ha divorata al galoppo?
      - Gli è tutto ciò che io voleva dimandare alla M. V., rispose il conte umilmente. Quel bellimbusto è sempre il vescovo del diavolo per V. M.
      - Sicuramente, sicuramente.... più che mai, replicò il re.
      - Allora?....
      - Idiota, triplice idiota! scoppiò il re volgendogli le spalle e rimettendosi in ginocchio.
      Il suo cappellano ordinario usciva dalla sacristia per dire la messa ortodossa.
      Il conte di Altamura andò ad appostarsi alla porta del palazzo.
      Due signori, l'uno, un vegliardo curvato ed affranto, l'altro, un giovane dagli occhiali turchini, gironzavano sulla piazza. Appena queste due persone scôrsero il conte, si avvicinarono noncurantemente al padiglione ove tenevasi il portinaio. Il conte uscì nel tempo stesso che la carrozza di Don Diego. E' fece un segno. Il vecchio ed il giovane sorrisero.
      Don Diego si recò dal ministro, il quale credendolo in gran favore presso del re e fortemente appoggiato, si mostrò verso di lui molto carezzevole e quasi ossequioso. La circostanza della messa rappresentata davanti a S. M. confermò il ministro nella sua credenza.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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