La sera giunse. Concettella folleggiava come un pesce rosso in una vasca d'acqua limpida. La sua veste di seta le dava la vertigine. Essere chiamata donna Concettella! passare per sorella di monsignore! avere le apparenze dell'onestà, la considerazione, il rispetto! rendere felice un uomo amato! essere felice senza sollevar gelosie!.... tutto ciò ed altri mille nonnulla la rendevano quasi folle. Ella abbracciò don Gabriele: avrebbe abbracciato il mendicante del cantone. Obbliava tutto, tutto, persino, cosa strana! la sentenza che l'areopago del bagno aveva pronunziata contro Don Diego! Il bagno era così lontano! Gabriele.... era stato ingiusto verso di lei. In fine si andava ben presto a volgere le spalle a questa Napoli infame ove ella aveva tanto patito, tanto pianto, questa Napoli che l'aveva vista nuda, ove ella non aveva neppure trovato il covo ed un tozzo di pane.... Ma ella amava Don Diego adesso. Quella casa scura, sporca, attristata, fredda, ove ella era arrivata in cenci, che l'aveva veduta umiliata, ove tante lagrime bagnavano ancora il solaio, ove la morte libravasi ancora, questa casa, domani, sarebbe per lei un ricordo orribile, e null'altro che questo.
Concettella faceva dunque i fagotti e sollecitava le ore della notte che dovevano condurle un domani sì raggiante.
Don Diego, al contrario, era ricaduto nella sua nera tristezza, pieno di presentimenti sinistri. Sua sorella regnava più che mai nel suo cuore e riempiva quella desolata dimora. Ogni mattone, ogni angolo, ogni gobba o squarcio del soffitto e della carta, ogni cencio rimosso, dovunque egli arrestava lo sguardo, tutto gli richiamava alla memoria Bambina, angelo dell'abnegazione.
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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano 1874
pagine 387 |
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