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      I due uomini scambiarono uno sguardo che corse da Don Diego a Concettella e da questa alla porta.
      Ciò fu tutto.
      Subito come l'assalto di un serpente, Filippo allacciò il vescovo alla vita per impedirgli di muovere le braccia, Gabriele gli passò al collo una corda a nodo scorsoio e la tirò a sè con violenza.
      Don Diego traballò e provò di alzarsi. Il nodo si restrinse. Poi, come la vittima si accasciava, Gabriele la trascinò presso di Concettella.
      In questo frattempo, Filippo chiudeva a chiave la porta della camera del vescovo e ribadiva due o tre viti alle imposte della finestra onde non la si potesse aprire. Ritornò quindi vicino a Gabriele.
      Concettella, tornata in sensi, la faccia sempre contro il solaio, guardando di soppiatto, sentendosi morire a sua volta, brontolava sottovoce:
      - Madonna del Carmine! madonna del Carmine! santa vergine dei sette dolori.... pietà di me....
      Don Diego non dava più segno di vita. Il suo viso era divenuto colore di piombo: la sua bocca, aperta e schiumosa, lasciava pendere una lingua arida e nera; i suoi occhi, stralunati e spalancati, schizzavano fuori dalle orbite. Filippo mise la mano sul cuore dello strangolato. L'orologio non oscillava più.
      Tre quarti d'ora erano passati. Non una parola. Un colpo d'occhio tra i due manigoldi diceva tutto. Quando furono sicuri della morte del prete, lo lasciarono. Filippo si volse allora a Concettella.
      - Tu ci hai riconosciuti, tu hai visto come la nostra giustizia procede. Se tu fiati un motto, se tu dai un indizio, se tu fai un semplice segno per denunziarci, tu morrai della stessa morte.


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Il re prega
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1874 pagine 387

   





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