Essi non odiano che l'uomo onesto, il quale loro vieti di fare un piccolo commercio delle proprie funzioni e di cavare un soprassoldo da spendere alla taverna. Il soldato poi ha per istinto di obbedire a tutto quanto gli è immediatamente al di sopra, di opprimere tutto quanto gli cede: l'istinto del paesano adulterato dalla disciplina, traviato dalla civiltà! Esso non ha alcuna coscienza della sua parte sociale: non ha alcuno stimolo che determini la sua condotta. Sa di essere soldato e non dimanda più in là: si vieta anzi di fargliene sapere di vantaggio. Innanzi ai suoi occhi non posa che un'immagine, il re. E questa immagine egli l'abomina come un ostacolo che lo attraversa, perché a fronte a lui vede il villaggio nativo che ha dovuto abbandonare, vede la donna che ama cui ha dovuto sacrificare, e la severa disciplina che lo crocifigge senza posa. Se egli potesse passar per sopra a quest'idolo, senza paura del consiglio di guerra, non esiterebbe un istante: ma l'abitudine, l'incertezza lo ritengono. Ed è perciò che è sempre partigiano del fatto compiuto, ed ama lo statu quo. Il fatto compiuto gli risparmia lavoro e pericoli, lo statu quo non gli dà l'imbarazzo di scegliere, e perciò lo mette al sicuro di tentazioni, le quali, se non ottengono un esito prospero, lo conducono innanzi alle commissioni militari. In una parola, queste due classi sono il sedimento di ogni governo. In esse le nuove rivoluzioni trovano un materiale pronto a resistere, se vacillano; ed un fondamento sempre esistente su cui basarsi, se riescono.
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