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      Alla milizia profuse gli allettamenti, gli onori, le promesse, e la guadagnò. Sull'intelligenza si spinse furiosa con le galere ed i carnefici, la avviluppò di preti e di sbirri, cercò forviarla, adulterarla, e fece molti martiri, se non fece proseliti; ritrasse molti invalidi e qualche tregua, se non giunse mai ad ottenere vittoria. Alle finanze infine, alle fortune s'impose come una provvidenza, quasi una condizione necessaria perché esse potessero esistere, se le fece complici, mostrò solidarietà d'interessi, le atterrì insomma per comparirne poi il salvatore. I mezzi di qualunque natura non furono risparmiati per guadagnar terreno: virtù o vizio non ebbero più significato per assicurare l'esito. Ferdinando I, Sardanapalo plebeo, regnò con la mannaia e con lo spergiuro; Francesco I, il Claudio de' tempi moderni, con l'inquisizione, con gli ergastoli, con la forca, ed alla vigilia di una morte contristata da truci fantasmi, protestò voler radiata dalla lingua umana la parola perdono; Ferdinando II, questo pulcinella sanguinario, regna con le bombe, con i gesuiti e con le proscrizioni. La missione comune di questa famiglia è stata dunque corrompere o uccidere: scopo supremo, contaminare lo spirito umano o sopprimerlo: mezzi per riuscire, il carnefice ed il prete, e qualche volta l'oro. Disprezzati ed obliati nella famiglia europea, la storia loro è stata monotona, è stata una lunga esecuzione nel seno oscuro di un carcere, in cui i testimonii e il giudice erano di troppo. Il regno del figlio non ha cangiato da quello del padre: il domani non ha variato dalla vigilia: la formola intera si è rinchiusa tra una processione ed una sentenza di morte.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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