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      La spoliazione era la legge organica delle finanze: il mistero, la sua sola condizione di vita. Le leggi fiscali, intollerabili ed inique, assorbivano quasi intera la ricchezza nazionale. La produzione ed i suoi istrumenti, colpiti nella sorgente, venivano ricolpiti nella consumazione. Sopra gli oggetti di prima necessità gravitavano fino a sei dazi differenti. La volontà del re era la sola legge nella percezione e nell'uso dei danari pubblici: il budget discutevasi in segreto tra il ministro e il re. La consulta di Stato, corpo parassita e nullo, non avea voto, e contava due uomini solamente tra' suoi membri nel caso di comprendere ciò che piacesse al re di sottomettere alla loro approvazione obbligatoria. L'ordine giudiziario, in gran parte ignorante, in grandissima parte corrotto, soggiaceva, nel decidere, ad ogni maniera d'influenze. Bastava una cedola di banco, una lettera di raccomandazione di qualche servitore di corte o di sacrestia, o una semplice lettera d'intimidazione del ministero: sopra tutto del formidabile Delcarretto. L'ordine amministrativo, schiavo perfetto e corrotto, compiva nel rubare la sua missione niente affatto dissimulata. Chi procurava al superiore più grossi guadagni, era il più abile; e dei guadagni partecipava il re, a cui il ministro delle finanze ciascun mese portava indono una poliza vistosa col nome di risparmi. Le cariche, che si lasciavan vuote a disegno, erano devolute a benefizio del re, il quale ne toccava il salario. Qualunque lamento era punito del carcere misterioso della polizia.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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