Come lui preferiva le strade oblique in tutto: come lui non comprendeva che il passato ed il lato plastico della società. Per lui la libertà non aveva significato; l'avvenire non esisteva. Miope in politica, debole in dritto, arido in morale, ottuso nella coscienza, spregiudicato su tutti i principii, insensibile a tutte le sofferenze, profondamente egoista, scelleratamente gesuita, facile ad ogni genere di tentazioni, vuoto infine, comune, quest'uomo seppe sedurre con una mellifluità muliebre, seppe mascherarsi. Aveva nascosto il triviale dei suoi lavori scientifici sotto una veste alemanna nebulosa e fitta; celò la reità dei suoi disegni sotto le forme dell'entusiasmo, sotto l'evocazione del passato. La corazza di Baiardo coprì l'anima di Gano da Maganza. Fu creduto. L'effetto delle ombre, che tanto prestigio dà ai quadri di Rembrandt, riuscì anche a lui. Quell'aria di riservatezza, quel sussiego severo, quell'importanza studiata, quel non palesarsi mai per intero, quella ciarlataneria infine che sanno sì bene improntare gl'impostori per cavare l'illusione di ottica, aveva trionfato. Assunse il governale della rivoluzione; se ne mise nelle mani le fila. Seppe tutto, conobbe tutti, penetrò nelle viscere della cospirazione, potette scandagliare gli uomini, le forze, i mezzi, lo spirito: misurò la macchina in tutte le sue proporzioni; ne esaminò ogni molla. Da allora il suo piano di campagna fu fatto. Aveva vissuto misero, perché il governo non lo aveva trovato troppo pericoloso per comprarlo: era stato obliato, perché la parte che aveva rappresentata nelle rivoluzioni passate era assai oscura e secondaria.
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