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      La paura degli uni, la gioia degli altri, lo stupore di tutti attirò la folla: in un attimo i balconi della città si ricoprivano di gente. E quei giovani avanzavano, avanzavano sempre, allegri come conquistatori, commossi come attori. Così eccitati da passione e da entusiasmo giunsero alla piazza della Carità. La voce della commozione era corsa, si era divulgata da per tutto. La polizia che avea toccato un primo rovescio, messa in puntiglio ed in orgasmo, si raccolse in grossa mano, si mischiò a gendarmi, si schierò a squadrone, e si appostò alla bocca della piazza per impedire che la folla procedesse. La loro opposizione non valse nulla. Quella siepe codarda fu sfondata, diciam così, a passo di carica: quel baluardo fu spezzato come un vaso di vetro. Birri e gendarmi brancolavan per terra gittati alla rinfusa. Allora si alzò un novello grido di viva Pio IX, viva l'Italia, e come per incanto la piazza fu sgomberata. Quando la masnada del governo, atterrita dallo sperpero e dall'ardire, si guardò intorno per comprendere infine di che si trattasse, e con chi avesse a fare, e qual genere di guerra combattesse, non vide più alcuno. Le finestre, le botteghe erano chiuse, la circolazione della gente sospesa. La solitudine ed il silenzio succedevano al baccano. Saputasi la novella alla corte, immediatamente il Ministro della Polizia vi fu chiamato. Furioso, sconcertato, percorrendo a lunghi passi la camera, il re accolse il ministro con un exabrupto ed un inarcar di ciglia degno del Giove di Omero, dirigendogli severi rimproveri.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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