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      Filangieri gustò un pezzo, sorbì, diciam così, a sorsi l'umiliazione di quell'uomo, un istante prima sì superbo e sì terribile, poi con un ghigno mefistofelico soggiunse: in questo momento il commissario Silvestri mette i suggelli alle vostre carte, a casa vostra: a voi è stata accordata un'ora di tempo per uscire dal regno; profittatene e scrivete alla vostra famiglia. Nuove scuse, nuove preghiere, nuovi avvilimenti, nuovi scoppii di sdegno impotente; ma l'ora passata, toccati ducati duemila, ultima paga d'infami servigi renduti ad un principe infame, ultimo prezzo del sangue del Cilento, di Sicilia, di Calabria, accompagnato sino ai confini, uscì dal paese e prese la volta di Francia. Civitavecchia lo respinse: Livorno innalzò sul lido un patibolo annunziandogli aver preparato gli appartamenti se volesse discendere: Genova gli impedì di prender terra per non esser contaminata dalla sua presenza: Marsiglia lo insultò e lo coprì di esecrazione e di fango. Il suo viaggio era stato una gogna in permanenza. Il Caino della civiltà non trovava chi volesse accordargli un asilo. Come sulla faccia del Valentino, il sangue prodigalmente versato macchiava quel sembiante, che i cosmetici femminei, la biacca ed il cinabro da bardassa rendevano ancora più truce. Qualche cosa di ributtante traspariva da quello sguardo canuto il quale indiscretamente rivelava un'anima cadavere. Egli aveva a sopportare un peso di delitti più grave di quello che una natura umana può sopportare: aveva a render conto alla civiltà ed all'umanità delle scelleratezze sue e di quelle del suo padrone.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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