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      Credevano che in un governo costituzionale il ministero dovesse governare, regnare il re, e che tutte le attribuzioni del governo stesso fossero le sue. Credevano che al di sopra del ministero per la nazione non vi dovesse essere quello pel re, o il suo consiglio aulico, e questo avere il timone dello Stato, disporre delle forze di terra e di mare, informare l'ordine giudiziario, reggere le finanze, dare l'impulso all'amministrazione. Credevano in una parola che la responsabilità assicurasse loro la libertà di azione, nella sfera circoscritta dalla Carta. Ma erano ignoranti e semplici, perché la Carta, balocco di lusso nella macchina dello Stato, non era né un bisogno, né un principio di vita e di verità. A questi intoppi si trovò di fronte il ministero Troya fin dalle prime ore dalla sua creazione. Confidò superarli, e li dissimulò al popolo per distornare la lotta: e ciò forma il suo torto verso il popolo: come l'aver voluto resistere e perseverare forma il suo torto verso il governo. Il ministero però, compresa la situazione, cercò provvedervi. La manifestazione dello spirito pubblico gli ha assicurata la riconoscenza dei suoi concittadini, ed una gloria non volgare. Due bisogni urgevano allora: quelli d'Italia, quelli del popolo napolitano.
     
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      24. Si era messo mano alla guerra dell'indipendenza da cui doveva derivare la libertà e l'individualità della Penisola; bisognava spingerla avanti con vigore e con coscienza. Per compierla a vantaggio d'Italia vi era d'uopo che i suoi popoli tutti s'intendessero, tutte le provincie ravvicinate concorressero con ogni sforzo per effettuare il concetto grandioso di Carlo Alberto: l'Italia farà da sé. Il ministero Troya cominciò a lavorare.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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