Il principio fu salvo: la sovranità del popolo né abdicò, né si obliò: ed in un corpo fulminato da paralisi mantenere la vita e pronunciarla al di fuori, è tutto quanto può desiderarsi. D'altronde in politica i precedenti han sovente la forza di diritto, e l'assemblea non si degradò a consecrarne dei funesti. Essa dichiarò la famiglia Borbone decaduta dall'esercizio del potere esecutivo, non con una legge espressa, ma col fatto, creando nel suo seno un Comitato di pubblica salute, a cui tutte le attribuzioni ed i poteri furono conferiti. I cinque membri che lo composero, e di cui ebbi l'onore far parte, si segregarono dall'assemblea per prendere degli energici provvedimenti. A tal uopo il Comitato propose: dal presidente della camera si partecipasse al ministero la creazione del nuovo potere esecutivo: s'inviasse una deputazione al comandante della piazza Labrano per domandargli ragione delle ostilità impegnate contro i cittadini: si convocasse la guardia nazionale nei quartieri non ancora invasi dalla soldatesca, e si conducesse a ristorare le sorti della battaglia; dappoiché erasi constatato che solo trecento di queste guardie, e qualche centinaio di giovani borghesi, tenevan testa a meglio di diecimila soldati, due parchi d'artiglieria, ed un castello che indefessamente vomitava la mitraglia e diradava gli ordini dei sollevati: si provvedesse ai fondi per comperare munizioni da guerra, e contenere la plebe il più che era possibile: si spedissero dei messi alle guardie nazionali di Salerno, Caserta, Castellamare, Pozzuoli ecc. perché marciassero sopra Napoli: si mandasse una deputazione all'ammiraglio francese Baudin perché o somministrasse munizioni da guerra, pagandole, o cercasse con la sua mediazione di far cessare l'eccidio.
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