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      Un soldato avrebbe sclamato: poiché vinco, poiché il nemico cessa di difendersi, perdono, Ferdinando Borbone risponde: io non so nulla, vi domando scusa umilmente; e sotto voce contemporaneamente ordina al Torchiarola: quartiere a nessuno: i prigionieri si fucilino in massa: città e cittadini a discrezione del soldato e della plebe. Ed in effetti ad alcuno non si perdonò. Gran numero di prigionieri furon trascinati nelle corti dei castelli e fucilati, uomini, donne, fanciulli, tutti insieme, senza giudizio, senza conforto di religione. Chi oserebbe dunque contestare a Ferdinando Borbone l'attributo di uno dei più sordidi scellerati del secolo?
     
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      32. Il macello dei deputati era stato fermo anch'esso; ma la risoluzione della gendarmeria, la paura che le guardie nazionali della città circostanti non giungessero improvvise, che il regno non si sollevasse come un sol uomo e non sopravvenisse nel meglio una protesta dei diplomatici stranieri già in parte raccolti alla corte, fece assopire per il momento la sete del sangue e l'ordine fu dato di risparmiar loro la vita, ma disperderli, se occorresse, anche alla baionetta. I rappresentanti non derogarono neppure un istante alla loro dignità. Riconoscendosi impotenti a nulla più fare, attenuati di numero, sicuri di essere fra poche ore immolati tutti all'idolo della Reggia, nessuno si mosse, nessuno pensò profittare dello scampo ancora possibile e della tutela offerta dalla gendarmeria e dalla guardia nazionale. Al rumore della moschetteria che ingagliardiva sotto le finestre dell'assemblea, alla luce spaventevole dell'incendio del palazzo Gravina, quasi di rincontro, mentre le palle percotevano già i cristalli dei balconi, il deputato Mancini scrisse energica protesta in faccia alle nazioni di Europa contro l'attentato di re Ferdinando.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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