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      34. Il re ed il suo governo, che per quel fatto avevano compiutamente rotto con la nuova Italia e con i principii nuovi, vollero consacrarne la scissione nella maniera la più impudente. La prima deliberazione del nuovo ministero fu quella di richiamare la flotta dalle acque venete, ed il corpo di spedizione già prossimo a passare il Po ed entrare in campagna. Un commissario con gli ordini del re fu inviato a Bologna. Io non entro nei particolari di questo tradimento perché sarà questo un episodio della storia di Venezia, che il general Pepe scrive: lascio a lui raccontarla. Solamente accenno che la sensazione della catastrofe del 15 maggio era stata grave nell'esercito: che dei partiti vi si erano formati: che il dolore e l'esecrazione fu quasi unanime. Se un generale che avesse avuta la fede intera di quella gente, degli uffiziali come dei soldati, fosse stato lì a comandarli, e loro avesse proposto passare incontanente sul terreno nemico, lo ripeto, e mi sento quasi la forza di asseverarlo, nessuno o pochissimi sarebbonsi rifiutati. Guglielmo Pepe non potette riunire che pochi generosi, da lunghi anni preparati a libertà, ed alla religione d'Italia devoti anche prima di conoscerlo. La massa aveva bisogno di essere riscaldata, anzi iniziata nel sacramento della libertà e dell'indipendenza italiana: la massa aveva bisogno di udire una parola persuasiva, affettuosa, amica; trovò freddezza, e se non orgoglio, la riservatezza di uno straniero. Molti amor proprii erano stati gualciti, molte delicatezze obliate.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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