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      I danari pubblici furono confiscati: le guardie nazionali della città e del contado chiamate sotto le armi: di marciar sopra Napoli erasi deliberato. Foggia doveva concorrere e fare altrettanto. Ma avendo Foggia traballato perché tradita dal presidente del suo Comitato, essendo sopravvenute sollecitamente forze regie, di gran lunga superiori alle loro, i sollevati furono vinti, ed Ariano messa in istato d'assedio. Negli Abruzzi comandava Mariano d'Ayala, giovane intemerato, soldato eccellente e capace, di animo libero, ma irresoluto. Penetrato dello spirito d'impotenza dell'antico Comitato centrale di Napoli, di cui faceva parte, conservò l'infezione del quietismo politico; e preferì perciò anche allora il metodo aspettativo. L'entusiasmo de' liberali in vero assai poco attivo, si agghiadò affatto e la reazione al colpo di stato guadagnò terreno. Vivamente scongiurato di sollevare la bandiera della guerra da un giovane, la cui vita è una cospirazione permanente contro la famiglia borbonica e la monarchia, per ogni modo provocato, d'Ayala titubò, vacillò, non propose nulla di efficace e di pronunziato, restò puro, restò liberale e libero, ma venne meno alla missione di rivoluzionario.
      Giovanni Avossa e gli altri deputati della provincia di Salerno, rivenuti in patria, accettarono lo stendardo che i cittadini inalzarono. Ma immediatamente una grossa mano di truppa occupava la città, la quale, alle porte di Napoli, poteva farsi centro della sollevazione e darle un grande impulso.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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