Ma rassicurato dal Bozzelli, il quale in nome del re prometteva l'inviolabilità della costituzione e la prossima riconvocazione delle Camere, non avendo coscienza delle proprie forze, non principii, non convinzione della sovranità del popolo e quindi della grandezza dell'attentato che fatto le si era, vacillò subitamente, si confuse, si smarrì nella procedura e moriva d'inazione, allorché giunsero in Cosenza Mileto, Torregiani e Ricciardi. Questo crociato infaticabile della libertà, che la rivoluzione ha trovato sempre sulla breccia e sempre alle prime file, era partito di Napoli con un eletto numero di deputati calabresi. L'ammiraglio Baudin con un vapore inviato espressamente li aveva fatti condurre a Malta: una barca da pescatori li condusse a Messina, e da Messina in Calabria. Il piano della rivoluzione era stato ratificato a Catanzaro. Dovea essere contemporanea, doveva essere decisiva e senza ambiguità. Il potere esecutivo aveva violato la sovranità nazionale nella sua capitale e nei suoi rappresentanti: la sovranità nazionale gli ritirava il mandato e lo dichiarava decaduto. Ricciardi, preceduto da bella fama, giunse in Cosenza. Egli, Morelli, Stocco ed Eugenio de Riso avevano avviate le cose di Catanzaro, dove erasi alla perfine, dopo un comizio di popolo tenuto nella cattedrale, creato un Comitato, o Governo provvisorio cui il barone Marsico presiedeva, ed in cui erasi pure lasciato un tal Giovanni Maringola affiliato di polizia che con Gregorio Ferrara capitanavano la reazione.
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