La voce se ne sparse in Cosenza, i cittadini più determinati recaronsi a Ricciardi, e tutti insieme al palazzo dell'intendenza dove il papaverico Comitato si adunava incontanente. Il Ricciardi, secondato da Mauro e Musolino, ragionò dello spirito pubblico di Catanzaro e Reggio; parlò dell'imminenza, della giustizia, della necessità della rivolta. L'uditorio fu compreso da subita fiamma, le speranze ridestaronsi, il cuore crebbe, la vita ricircolò. Poscia il Ricciardi si faceva ai balconi della sala ed aringava l'immenso popolo, che concitato ed avido di novelle quivi era accorso. La rivoluzione era consumata. Una voce sola era partita da quella massa: morte a Ferdinando Borbone! un sol voto prevalse in quel consiglio: il governo provvisorio. Il governo provvisorio fu annunziato immediatamente; fu scelto, fu proclamato ed eletto a presidente Ricciardi, che al popolo lo annunziò. Un grido di gioia, un plauso universale accolse la novella. Più tardi un proclama invitava i deputati colpiti dal fulmine del 15 maggio a recarsi a Cosenza pel 15 giugno onde decidere sulla forma di governo che doveva assumersi. Non che Ricciardi avesse simpatizzato per altro che per la repubblica, non avendo giammai avuto altra fede politica; ma volle declinare ogni responsabilità e credette prudente blandire le altrui opinioni onde far convergere le simpatie sulla bandiera che aveva innalzata e dissipare le paure che destava Mauro reputato socialista, anzi comunista. Questi infatti, giungendo in Cosenza con Benedetto Musolino, aveva, si può dire, incoata la rivoluzione, ne aveva significata la legalità, lo spirito.
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