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      Sacco, mandato dal campo di Monteleone, parlò nei medesimi sensi. Ma niente di tutto questo fu fatto; e la colpa non debbesi tutta attribuire a Ricciardi. Ribotti che conduceva i siciliani era sospettato di equivoche intenzioni. Andando ad incorporarsi con le squadre di Catanzaro, era sorvegliato, era dipendente. Egli aveva bisogno di far da sé. Rifiutò netto; e fuvvi un momento che parlossi pure di tornare indietro. Si mandò dunque ad affrontare Busacca. Il quartiere si stabilì a Spezzano Albanese, a dieci miglia da Castrovillari. Là le trattative tra Busacca e Ribotti principiarono; e principiarono con tanta impudenza da convalidare i sospetti. Eravamo in faccia al nemico; ma non perciò si mettevano dei posti avanzati, o delle sentinelle per gridare l'allarme in caso di sorpresa. Non si dava santo: non si teneva alcun consiglio: le armi erano chiuse in un magazzino senza custodia: ciascuno andava a coricarsi spensierato: tutti erano sparpagliati: qualcuno, che mostrò diffidenza, fu allontanato. Se Busacca avesse fatta una sortita di notte ci avrebbe sgozzati nel sonno tutti. Ma Busacca era sicuro del fatto suo. E quasi questo inverecondo procedere fosse stato poco, qualche giorno da poi si sloggiava dal quartiere alquanto sicuro di Spezzano, per andarsi a seppellire in Cassano dove l'aria micidiale avrebbe consumata la guerra. A Campotenese era peggio.
      Domenico Mauro, poeta eccellente, ma spirito altero ed ombroso, non potendo dominare in luogo del Ricciardi, e geloso della supremazia di costui, si era allontanato, e come Commissario civile aveva traslocata la sede dell'imperio a Campotenese.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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