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      L'attacco doveva cominciare a quattro ore dopo l'alba. I calabresi, a poca distanza dalla città, speravano omai sentire le artiglierie siciliane, perché essi giungevano alla posta all'ora convenuta. Mileto, al solito, non aveva presa alcuna precauzione. Si marciava senza avanguardia ed in disordine, si avanzava temerariamente. Ma ecco, che in luogo di udire il cannoneggiare siculo, si sentono attacchi dal nemico, il quale, appiattato sotto i pampani delle vigne ed in grosso numero, li accoglie a fucilate. Ribotti non si era mosso da Cassano: ma Busacca aveva tutto saputo e preparate accoglienze oneste a coloro che giungevano da Campotenese.
      Questi, così sorpresi, vacillarono un istante e si sgominarono. Ma poscia rannodati, e sopra tutto gli albanesi fatto un nucleo sul pendio di un monticello, cominciarono a rispondere al fuoco, e non un colpo dei loro fu invano tirato. Mileto scomparve. La zuffa durò per due ore. I soldati infine stanati dagli aguati e decimati, non potendo mostrare un membro senza averlo fracassato da una palla, ventre a terra strisciarono pel vigneto, e quando furono fuori la portata dei colpi, a galoppo serrato si ricoverarono nella città. I calabresi ritornarono a Campotenese, ma in minor numero, essendo stati abbandonati dai vigliacchi di Morano, che ai primi colpi se la sfumarono. Noi avevamo avuto un prigioniero ed un ferito, Tommaso Pace albanese, il quale passeggiava fra le palle come sotto una pioggia di fiori. I discendenti di Scanderberg avevano fatto il loro dovere con un'insigne bravura.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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