Alla nuova del tradimento del generale siciliano, la costernazione nacque nel campo. Affievolito dai numerosi congedi che si era stati in necessità di accordare, tra perché mancavano i danari a mantenere la gente, tra perché la mietitura delle biade imponeva il dovere di non rifiutarle alle proprie famiglie, una specie di ammutinamento si principiò a manifestare. Tutti erano scontenti: tutti domandavano o far qualche cosa o andar via. Ben presto però quella innormale situazione ebbe termine. La novella arriva tutto ad un tratto che i regii, senza colpo ferire, sono in Mormanno, che siamo presi alle spalle, e che ben presto saremmo circondati. Allora non vi fu più che fare. Lo sdegno, il disordine, l'insolenza presero il disopra: non si riconobbero più capi: non si udì più comando: eccetto gli albanesi, che condotti dal De Simone si mostrarono impassibili come lui. Tutti si apprestarono a tornare a casa, e senza aspettare la permissione si sbandarono e partirono. Quei di Mormanno ci avevano venduti. Ma l'avrebbero essi potuto, se il difficile passo per cui dovevano traversare necessariamente fosse stato guardato dai nostri? I due corpi di regii si posero in comunicazione. Ribotti fuggì co' suoi sopra Cosenza. Delle amare parole furono scambiate tra lui e Ricciardi. Questi gli gittò più volte sulla faccia l'insulto di codardo e di traditore, che quell'altro non osò smentire, non osò vendicare. Invece riferì ai siciliani, i calabresi insospettiti essere sul punto di metterli a brani.
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