Centoquaranta giovani in parte studenti ostinaronsi a restare, ed appostati a Lancitola attaccarono combattimento. Altri trecento sessanta che avevano occupata la posizione di Curinga, Maida e Filadelfia fecero altrettanto, e dalle otto del mattino alle cinque della sera sostennero il fuoco contro quattromila soldati e ne uccisero sopra quattrocento. Dei nostri soccombettero pochi tra i quali Morelli, membro del Comitato ed uomo di spiriti attivi ed eccellenti. Nonpertanto, superati dal numero e dalla disciplina, i sollevati ritiraronsi e la gente di Nunziante bivaccò a Maida. Si propose a Griffo di riattaccarli la notte coi suoi freschi e desiderosi di battersi: ma il Griffo, benché convenisse che i soldati erano demoralizzati, e che non cercavano altro che l'opportunità di arrendersi, ricusò netto. Un battaglione di soldati infatti disertò e dimandò capitolare. Non si volle ascoltarlo e se gli rifiutarono persino le
vettovaglie. Allora quello si gittò dentro Pizzo e si ruppe a saccheggio e macello orribile. Il resto dei soldati, alla novella, spaventato dalla vendetta che il fatto doveva provocare, abbandonò le forti posizioni di Maida incontanente e si salvò in Monteleone. I rivoltosi sbrancati si riunivano parte a Nicastro per guardarla, parte a Tiriolo per riformarvi il campo. Quivi dal Ricciardi e dai siciliani ebbero notizia dei disastri di Cosenza. Si sarebbe stato invero a tempo ancora per rannodarsi tutti, e stretti in un corpo tornare sopra Cosenza ad affrontare Busacca, ovvero marciar sopra Reggio, la quale, malgrado gli sforzi di Stefano Romeo, Casimiro de Lieto ed i fratelli Plutino, non si era potuto sollevare completamente, ovvero andare ad attaccare Nunziante.
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