Col primo vagito essa pronunziò la parola transazione, credendosi assai forte. Il cuore la tradì. I nostri nemici più avveduti di noi, più rivoluzionarii, non hanno transatto. Hanno cospirato, hanno demoralizzati i nostri partigiani, han gittato il contagio nelle nostre file, si sono coalizzati; e la mano che ci hanno porta è stata quella del carnefice, quella di Radetzky, quella di Haynau, quella di Ferdinando di Napoli, quella di Changarnier, quella di Wingischrätz, sepolto oramai prima di morire. Avremo noi coscienza della nostra parte nell'avvenire? ci persuaderemo delle solenni parole che io ho messo alla cima di questo libro, che non vi ha mezzo rivoluzionario, che la libertà deve vincere a qualunque siasi prezzo? Dio lo voglia! Dio c'ispiri.
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38. Dopo il prospero esito del 15 maggio, il re e l'aulico consiglio avrebbero voluto sbarazzarsi affatto di quel fantasma accigliato della Costituzione, che era sempre lì in piedi, rimpetto ad essi come un rimorso. Il ministero eletto non aveva infatti altra significazione. Qualcheduno degli eroi della vittoria aveva domandato pure, nell'orgia celebrata alla Reggia nella notte del 15 al 16, che il nuovo governo s'inaugurasse con l'atto di abolizione dello Statuto. Ma Cariati, il più abile ed il più onesto in quel ministero da tagliaborse, aveva consigliato di attendere. Egli voleva conoscere quale impressione il colpo di stato avrebbe prodotto nel paese ed in Europa. In effetti la Francia rispose col manifesto di Lamartine: il Piemonte per mezzo del suo Parlamento decretò una colonna d'infamia a re Ferdinando: l'Austria costrinse a fuggire di Vienna l'imbecille imperatore: l'Inghilterra a voce alta assunse la difesa di Sicilia: in tutta l'Europa la stampa non ebbe che una voce di esecrazione pel Caliban della monarchia e per la casa del Borbone: e la nazione si commosse intera.
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