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      Tanta inverecondia colmò la pubblica indignazione. Il 14 maggio, per una gran parte della nazione, la parola repubblica o aveva un significato funesto, il significato del 1799, o non ne aveva affatto: il 16 maggio era da ogni cuore desiderata, ed universalmente, come speranza suprema, sarebbe stata accolta, se i capi rivoluzionarii l'avessero proclamata altamente. E questo radical cangiamento dei suoi principii politici il paese manifestò, senza mistero ed unanime, nelle novelle elezioni. La Camera del 15 maggio era stata sciolta, marcata alla fronte dal governo con l'epiteto di anarchica: la nazione votò per l'anarchia. Molti collegi elettorali rifiutarono procedere a nuovi comizii, dichiarando illegalmente sciolto il Parlamento: molti altri protestarono. In generale dall'urna dei suffragi uscirono quei nomi stessi che avevano formata la Camera precedente. Il ministero comprese l'importanza di quelle nomine. Erano un voto di sfiducia, una condanna: ma non si riscosse. Seguitò a dire che quei deputati erano dei repubblicani, dei comunisti, dei nemici del trono e dell'altare, dei briganti, dei promotori di guerra civile: li fece insultare dalla sua stampa li fece provocare dai suoi sgherri. Tentò pure la corruzione di alcuni: si mascherò con altri e parlò di conciliazione. Eran commedie, perché la sentenza della Camera era stata pronunziata fin dal suo nascere, dal momento che l'attitudine dignitosa degli elettori fu manifesta. Un'infinità dibiglietti infatti, sotto il nome dei candidati, portavano scritto: abbasso il ministero!


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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