I giornali del governo spiegavano incessantemente il comunismo: gli agenti occulti lo inoculavano nel popolo delle campagne; e per vincere a poco a poco la loro resistenza morale, persuadevano di cominciare dai beni municipali, patrimonio comune. Fra queste lotte di vendette e di perfidie il Parlamento si aprì.
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39. Il discorso della corona, se non cumulò le nuvole, non le spazzò. Fu una diceria insignificante e vuota, che si stemperò nei soliti luoghi comuni d'industria, di agricoltura e di commercio. Neppure una parola sulle questioni del momento. La Camera dei Pari, ospedale di invalidi politici senza sintassi, si accolse alcune fiate per udir recitare due o tre discorsi sul letto di un fiume, sopra un porto franco, sulle patate inferme e sull'epizoozia, e per plaudire un accozzo di frasi slombate del Bozzelli, che terminava sempre i panegirici dell'augusto ed amato monarca o col bisogno di piacere o col desiderio di starsi zitto. L'invereconda connivenza della paria ai fatti del governo finiva di distoglierle lo spirito pubblico, col quale non aveva mai troppo bene simpatizzato. Era nel paese mal'affetta, divenne nemica. La Camera dei deputati al contrario, appena potette essere in numero, cominciò a deliberare. I banchi della destra erano letteralmente vuoti. Il ministero avrebbe voluto che alcuni deputati non fossero stati riconosciuti, come imputati di reato politico: la Camera proclamò tutti ad unanimità. Il ministero avrebbe desiderato che si fosse sanzionata una legge sulla guardia nazionale, con la quale questo corpo era elevato a coadiutore del birro e del gendarme; era spoglio di ogni carattere politico e cittadino.
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