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      48. Dalla Toscana il granduca era fuggito, allegando non so quali scrupoli di coscienza, ed aveva seguite le orme del papa. La Costituente Italiana e la Costituente Toscana erano state convocate; e benché Guerrazzi e Montanelli non avessero ancora profferita la parola repubblica, la soluzione di quell'energico movimento non poteva esser altra. La Costituente Romana, sorta dal suffragio universale, si era accolta altresì. Gli occhi dell'Europa stavano ansiosamente fissi su lei, perché essa non andava a stabilire solamente il reggimento politico di un popolo, ma andava a deliberare e pronunziare sull'avvenire dell'universo. La Costituente Romana sentì l'altissimo sacerdozio di cui era rivestita; ed in una seduta famosa, della quale resterà eterna memoria, dichiarò decaduto il potere temporale del papa, e proclamò la repubblica. Roma non aveva rinunziato alla missione della rigenerazione d'Italia. Il papato era caduto: il papato era abrogato. Quel potere che aveva reso attonito l'impero sotto Gregorio VII, che lo aveva umiliato con Alessandro III, che aveva cospirato contro la libertà italiana con Giulio II, devastata l'Italia con Clemente VII; quel potere che avea soffiato nei roghi dell'inquisizione per ispegnere lo spirito umano, che aveva percosso Crescenzio, Arnaldo da Brescia, Cola di Rienzo, Stefano Porcari, Campanella, Vannini, Paolo Sarpi, Galileo, Giordano Bruno, Guicciardini e tutta la manifestazione del genio indipendente d'Italia; quel potere che per trenta danari ci aveva sempre venduti al nemico; che con la corruzione permanente della sua corte ci aveva effeminati, demoralizzati, ed inoculato in noi la tentazione codarda del veleno e del pugnale; quel potere che aveva inaridito nell'anima il sentimento della religione, ed innalzato l'altare alla perfidia e alla cupidità (fatto vi avete Iddio d'oro e d'argento); quel potere maledetto da Dante sul terreno dell'esilio, e sul rogo dal Savonarola; quel potere non era più. Dal grande sepolcro di Roma la parola di vita era sorta, e dalla cima del Campidoglio si era propagata sulla terra.


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





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