Re Ferdinando, come la scabbia, come la pece, infetta chiunque tocca.
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52. Così di pietra in pietra era demolito il portentoso edifizio della rivoluzione europea. L'Austria risorse, e risorse non più donna di provincie, ma bordello, ma consacrazione viva di tutti i delitti che possono contaminare una natura umana perduta. I sovrani d'Italia ricuperarono il potere, ma per esercitarlo sotto il beneplacito del satrapizio croato: riebbero il trono, ma per farne piramide alle statue di Radetzky e di Schwarzemberg. Il figlio della donna di Jellachich, il quale non aveva altro merito per esser sovrano che sapere la grammatica latina, sotto la ferula di generali, che volevano fare obliare la vergogna delle disfatte con l'arroganza di una vittoria non loro; il figlio dell'arciduchessa Sofia occupò la sua vita ad assentire a stati d'assedii, proscrizioni in massa ed impiccagioni di popoli intieri; e non manifestò neppure la compiacenza di avere a suoi prefetti i sei sovrani della penisola. La vittoria inaspettata disquilibrò la mente di questi potentati, e sopra tutto quella di re Ferdinando. La legge, l'umanità, la giustizia, la verecondia, come gli stracci spogliati dal povero, furono calpestati freneticamente: non si vide che uno scopo, la vendetta; non si trovò che un mezzo, la violenza e la forza. Disgraziati! stolti! avevano dunque obliato che un giorno Napoleone, l'uomo che della forza aveva fatto sì grande sciupo, aveva detto a De Fontanes che niente nell'universo lo stupefaceva più della impotenza della forza!
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