Re Ferdinando si tolse affatto la maschera. Quel ministero, che era stato strumento di tutti i suoi deliri, fu cacciato via con la disdegnosa ignominia che meritava. Scendendo dalla Reggia, il popolo ed i soldati della guardia accoglievano il Bozzelli ed il Ruggiero con urli, fischi ed ogni maniera di sporche ed impure parole. Il Bozzelli fu quasi per impazzirne: l'altro, esoso a tutti pel suo cinismo, stomachevole al popolo come alla corte, era costretto a fuggire per non dar conto dei danari rubati. Un nuovo ministero si creò e ne fu affidata la composizione ad un rinnegato della vigilia, Giustino Fortunato. Malgrado la pessima fama di costui, malgrado il suo programma, tutto intero e senza misteri da' suoi compagni accettato, il popolo ne gioì. Ne gioì, perché nulla più tristo credeva potesse aspettarsi dai nuovi venuti, nulla di più dispotico di ciò che gli avevano imposto i ministri scacciati. Ne gioì, perché il popolo, al dire di Tacito, crede vedere un simulacro di libertà nel cangiamento dei despoti. Il nuovo ministero si fece bentosto sentire. E forse dico male il ministero, perché gli uomini che lo componevano sono dei parassiti i quali si contentano godere del pingue soldo e nulla fare. Come quei favoriti dei principi che designavansi a subire le percosse, dagli istitutori ai principi destinate, questi uomini erano stati scelti per portare innanzi agli occhi del pubblico tutto il peso dell'esecrazione e della maledizione del popolo. In sua vece governava la camarilla, o il consiglio aulico, composto del Turchiarola, del San Cesareo, dell'Ascoli, del Bisignano, del Filangieri ed altro simile pattume di corte.
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