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      Ne vogliamo noi di una legge fondamentale che è un carnevale, è una menzogna sperimentata da due anni, una mistificazione che ha guariti perfino coloro che avevano la bonomia di credervi ancora? Ne vogliamo noi forse di un cencio di Carta che autorizza la vita politica di Ferdinando Borbone e servidorame? Ritiratela pure, bruciatela, abbiate il coraggio di commettere a fronte levata il delitto giornaliero che commettete nell'ombra. Il popolo non ne vuole più: gli è tutto altro che il popolo domanda ed avrà. Sì, l'avrà, perché sono bene stupide e ben vane le vostre galere ed il vostro terrorismo. Dopo aver imbiettato come acciughe nelle vostre infinite prigioni ed ergastoli del regno i liberali; dopo aver ridotto a carcere l'ospizio dei poveri, gli ospedali ed i conventi per intassarvene ognora, per seppellirvene sempre e di ogni età, di ogni sesso, di ogni condizione; dopo aver messe le unghie su tutti coloro che furono deputati, guardie nazionali, funzionarii pubblici nel tempo della libertà, scrittori coscienziosi, preti liberi, popolani coraggiosi; dopo aver fatto del regno intero una muda spaventevole e silenziosa; dopo aver percossa ogni famiglia, ogni proprietà, ogni pensiero; dopo aver gittata la legge del sospetto, come un alito avvelenato, su tutta la superficie del paese; dopo infine aver soffocato il pensiero, uccisa la parola, vietato a due cittadini di unirsi e parlare, corrotte le coscienze pietose, atterriti i timidi, seminate le spie, proscritta ogni emanazione dell'intelligenza, ogni grido dell'anima ferita, ogni affetto soave e nobile, piegato tutto al regime dello sgherro, del prete e del soldato, spezzato ogni ostacolo, rotta ogni resistenza, falsato e lordato tutto; ebbene, che cosa ne avete ricavato?


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La rivoluzione di Napoli nel 1848
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
pagine 212

   





Carta Ferdinando Borbone