Ebbene! proseguite, proseguite dunque, divorate il resto della vostra esistenza, consumate sino all'ultima bricciola il banchetto della misericordia del popolo e di Dio. La guerra sarà guerra a tutta oltranza. E ricordatevi bene, o re, che la mia voce è la voce di quell'Italia giovane, illuminata e magnanima che decretò la sua indipendenza, combattette nei piani lombardi, e fondò la repubblica romana: di quella Italia che difese Venezia e pugnò a Messina, e che adesso calma e rassegnata attende e confida nell'avvenire. Un anno, o re, un anno ha compendiati per noi sessanta secoli di storie. E credete voi che questa storia si sia rappresentata in mezzo a noi senza lasciare niuna istruzione e moralità? No. Il popolo ha compreso che il suo gran giorno è arrivato; e che due principii sono adesso di fronte, il privilegio ed il dritto, la legge e l'arbitrio, la forca ed il vangelo. Quale dei due credete voi che debba all'altro sbarazzare il cammino? Interrogate la storia e decidete. Interrogate la storia che se adula qualche volta non adula sempre; e severa ed inflessibile vi rammenterà l'esilio di Magnus Smeck, di Giacomo II, di Carlo X, di Napoleone e di Luigi Filippo; la prigionia di Cristiano II, di Eduardo II, di Riccardo II; ed il palco di Carlo I e di Luigi XVI. Interrogate l'istoria la quale non ha privilegi a difendere, interessi privati a custodire, pensioni a dimandarvi, non mica i cortigiani che vi danno la vertigine, esasperano la vostra sete d'imperio, sureccitano la vostra lussuria di crudeltà, v'inviluppano nel fatidico drappo del dritto divino lacerato da tante rivoluzioni e v'innalzano agli onori di un semidio anche dopo la vostra fuga favolosa dalla campagna romana.
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