Allo spuntar del giorno, il primo colpo di rasoio toccava al mento del maestro di scuola, il sergente Sacco-e-Fuoco.
Seguiamolo, o meglio, precediamolo.
CAPITOLO II.
Il sergente Sacco-e-Fuoco.
Questo personaggio era figlio d'un povero avvocato del paese.
Il padre l'aveva avviato a scuola da un ex-gesuita ritornato in famiglia dopo l'abolizione del suo convento; - quest'uomo, pieno di probità - quantunque, o perchè gesuita - gli aveva insegnato tutto quello che si insegnava nelle scuole del suo ordine.
Il giovane sapeva correntemente il latino, il greco, il Decolonia; fabbricava delle odi saffiche e pindariche in onore di san Luigi Gonzaga e del cuore di Maria, balbettava il francese. Il R. Padre si era trovato in un convento di Francia, quando il suo ordine cadde sotto le leggi rivoluzionarie - e l'allievo si dimenava a meraviglia in mezzo ai Darii, ai Baralipton, e conosceva le finezze dei Barbara celarent ferio del Caraco, del Fessino e Frisisso morum.
E si venga poi a dire che i RR. PP. non insegnano nulla d'utile.
Pietro Colini - ora il sergente Sacco-e-Fuoco - aveva sostenuto sette ore la discussione sulla tesi: se uno può essere impiccato a Roma all'istess'ora che si marita a Parigi? e se sant'Antonio poteva domandare due minuti di permesso al suo uditorio a Padova, per andare ad assistere suo padre che montava sul patibolo a Lisbona.
Aveva dimostrato tutto ciò in maniera inconfutabile coll'aiuto di testi greci e latini, dell'autorità dei SS. Padri e di Cicerone. Avea in seguito discusso sulla parola Blictri, e "se essa dentro o fuori di una proposizione può significare qualche cosa," sul chiodo di Sisara e sopra il sesso degli angeli di Sodoma.
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