Poteva dunque ancora mettersi maestro di scuola, dopo aver assopito gli scrupoli dell'altare ed i sospetti del trono. Fu creduto. Abiurò Bonaparte; andò a messa ed al confessionale. Recitò bene la sua parte.
- E, se il ventre prese davvero il posto dell'anima, di chi la colpa?
Pietro Colini, volendo nondimeno volgere la sua ipocrisia a vantaggio dei suoi allievi, aveva principiato ad insegnar loro tutt'altro che il latino, il catechismo, la storia sacra e la mitologia.
I parenti insorsero. I missionari aprirono un'inchiesta. Il giudice di pace fece delle rimostranze. Il sergente capì che aveva presa una falsa via. Egli lasciò i suoi allievi in balìa della grazia operante, e li abbrutì col latino.
Codesti allievi non imparavano nulla, giuocavano alle carte, correvano per la campagna a rubacchiar le frutta ed i legumi. I più grandicelli leggevano anche dei libri osceni. Ma baciavano le mani dei superiori con un'aria beata, servivano la messa, accompagnavano il Santissimo, miagolando il Tantum ergo, salutavano il signor arciprete quando lo incontravano, recitavano l'Ave in latino... ed i RR. Padri, il trono e l'altare si dichiararono soddisfatti.
Non la fu così però di Bruto.
Egidia aveva ammaliato l'invalido.
Egli rifrugò nella sua testa. Riunì tutto ciò che gli restava di scienza, quello che aveva veduto ed appreso nelle sue corse attraverso l'Europa, ciò che leggeva qua e là e rimpinzò tutto ciò nel cranio di Bruto a furia di sferzate.
Bruto sapeva quindi il latino, la metafisica, la storia moderna e la geografia, come poteva insegnargliela un uomo che aveva girato il mondo; e Bruto cinguettava anche un tantino di francese.
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