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      La moglie in fatto non aprì bocca. Soltanto la sua respirazione si arrestò, la sua faccia paffuta e rossa impallidì, le si gonfiarono gli occhi e ne colò una lagrima, poi un'altra, poi un torrente e finalmente diede in singhiozzi ed ebbe tremito in tutte le membra. Si gettò al collo dell'impassibile suo figlio e lo coprì di lagrime e di baci.
      Bruto lasciò fare, tenendo gli occhi fissi sopra il degno barbiere, che considerava anch'egli, ironico e commosso ad un tempo, l'eccesso d'amore di quella povera madre. Alla fine quando l'ebbe contemplata un momento, mastro Zungo alzò le spalle ed uscì brontolando con un tal quale tremolìo nella voce:
      - Com'è mai sciocca la natura!
      Otto giorni dopo gli ordini del barbiere erano eseguiti. Il giovane partì dopo aver preso commiato da tutti i suoi compatriotti, casa per casa, dove gli fu regalato, qui delle confetture o dei biscottini, lì una cravatta o un pezzuola, altrove un po' di tela per camicie. Gli uomini vennero ad augurargli buon viaggio.
      Bruto partì di buon mattino. Mastro Zungo restò sulla soglia della sua bottega, seguendolo degli occhi fin che l'ebbe perduto di vista, poi esclamò fra sè e sè:
      - Che cosa diverrà fra le mani di quell'avaro di sagrestano, che cosa diverrà?
      Egidia, istupidita dal dolore, guardava essa pure, non piangendo più, le pupille fisse ed immobili, senza voce, pallida e ritta come una di quelle colonne di giallo antico, che alzano ancora il capo nel tempio di Taormina.
     
     
     
      CAPITOLO III.
     
      Don Noè.
     
      Nel secolo scorso la botanica sociale produceva una pianta, il cui seme sarebbe interamente perduto, se non lo si ritrovasse nelle tradizioni della commedia - lo zio d'America.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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