A questa nuova e alla vista di quel pezzo di giovane, don Noè interruppe il suo lavoro (faceva calze), e montò sopra una scranna per giungere a livello di Bruto, la cui testa era a circa sei piedi dal suolo. Bruto riconobbe suo zio senza grande fatica. Gli corse incontro, aperse le braccia, se lo strinse al petto e lo abbracciò con tanta veemenza, che lo sgraziato don Noè credette di soffocare.
Mastro Zungo aveva imposto a suo figlio di mostrarsi affettuoso e carezzevole.
Bruto, trattosi indietro per un momento, si disponeva a tornar alla carica coi suoi abbracci.
Don Noè fissò gli occhi sopra di lui spalancati e spaventati e gli fece cenno di star queto. Poi, dopo averlo misurato e contemplato da capo a piedi, brontolò freddamente:
- È tutto suo padre! un bestione.
Mastro Zungo aveva inoltre ingiunto a suo figlio di non mentir mai e di non contraddire suo zio. Bruto rispose quindi:
- Sì, caro zio, sono proprio della famiglia, un bestione.
- Che fa tuo padre? e la tua buona mamma?
- Sempre lo stesso, sempre la stessa, caro zio. Mio padre salassa, sbarba e porta in giro le notizie; mia madre mastica quotidianamente dieci centesimi di tabacco e tre o quattrocento Pater e Ave per la conversione della Francia.
- I miei buoni amici di Moliterno si ricordan essi di me? Che cosa dicono!
- Gli uni, che siete un ignorante prodigioso; le donne, che siete un incomparabile suonatore di campane; mio padre, che siete un avaro; mia madre, che siete un santo. Io vi dirò la mia opinione quando ci saremo un po' meglio conosciuti.
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