Sarei stato lieto per altro di rendere questo piccolo servizio al mio povero sergente.
- Ma di che si tratta, insomma? domandņ don Gabriele.
- Ne so tanto come voi. Probabilmente di una donna che il sergente amava nel 1814 e che, a quel che pare, ricorda ancora. Quel diavolo d'invalido č un uomo tenace.
- Con quegli indizi, ragazzo mio, non c'č mezzo di venirne a capo, nč voi, nč io, nč il curato, nč la municipalitą e forse neppure la polizia. Giuseppina? ma le Giuseppine pullulano. Tortora? vi sono tante tortore e tortorelle. Pesca un'ostrica nel Fusaro, se puoi. E poi ci vuole tempo, pazienza, danaro e assiduitą... 1814! Diamine; ma sarą morta quattro volte o sarą divenuta colonnella, la sergentessa.
- Gli č impossibile, disse Bruto sospirando ed alzandosi.
- Per Dio, giovinotto, mi suggerite un'idea, gridņ don Gabriele, battendosi la fronte e portando i suoi sguardi sopra un gruppo di marionette appese al muro. - Come si chiama il vostro sergente?
- Sacco-e-Fuoco.
- Magnifico! divino! Scommetto che ha fatte le campagne di Russia col principe Eugenio o con Murat.
- Č stato in Russia, si č trovato a Waterloo, č monco di una mano, ha perduta una gamba, ha il viso cincischiato... ma non so nulla nč del principe Eugenio, nč di Murat. Il sergente non parla mai nč di sč stesso, nč delle sue vicende.
- Bravo! bravo! oh! come sarą applaudito! che leccornia! che frenesia! che emozione!... Andare alla guerra pel suo paese, lasciare una moglie ed una figlia, ritornare e ritrovare la moglie morta di fame, la figlia sedotta; domandare al seduttore che la sposi.
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