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      Un sarto gli diede a credenza un abito disusato coll'anticipazione di alcuni scudi, che gli furono prestati da Tartaruga.
      Trovò esattamente tutto quello che il burattinaio gli aveva predetto.
      Il direttore dei Fiorentini, Prepiani, sbadigliava più che non parlasse. Si presentò al censore teologo, don Gaetano Royer. Una serva era sul punto di rimandarlo, quando una nidiata di bambocci si mise a gridare:
      - Entrate, signore, andiamo ad avvertire lo zio.
      Bisognò, quindi, lasciarlo entrare. Mezz'ora dopo comparve don Gaetano.
      Aveva gli occhiali sul naso, il viso stupido, un sorriso sciocco sulle labbra, capelli neri e barba bianca, fenomeno che Bruto spiegò pensando che quell'uomo santo aveva lavorato più nelle mascelle, che nel cervello. Don Gaetano, spalancando un numero rictus per sbadigliare, gli chiese in che poteva servirlo. Bruto gli mostrò il quaderno.
      - Ah! un dramma?
      - Sì, signore.
      - Comico?
      - Mio Dio! no, signore, tragico.
      - Ah! ah! della scuola moderna, dunque! Ed il soggetto?
      - Ippocrate.
      - Benissimo. Ci sono dei morti?
      - Una donna che muore di mal di petto.
      - L'etisia è una malattia proibita. È troppo drammatica e troppo commovente.
      - Ma questa donna non può morire che così.
      - Tanto peggio. Respingo il dramma. È il mio mestiere: sono stato decorato per questo.
      - Allora la faremo etica al settimo quadro; all'ottavo, morrà di apoplessia etica.
      - Eh! eh! dell'ecletismo. Bravo! mi avete l'aria di un giovane istruito.
      - Troppo buono, eccellenza.
      - Ci avete mai messo dentro le parole: Dio, diavolo, angelo, libertà, Italia!


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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