- No, signore. Mi sono sempre servito dei vocaboli genio, cielo, lealtà, penisola fra due mari. Ah, scusi, in un luogo ho lasciato scappare la frase eziandio!
- Cancellate. "Non nominerai mai il nome di Dio invano." Conoscete i precetti del Decamerone?
- Per bacco! L'ho letto tante volte quel caro messer Giovanni.
- San Giovanni, san Giovanni, gridò don Gaetano, che per distrazione, o per abitudine di lettura, aveva detto il Decamerone, invece del Decalogo. E ancora non è san Giovanni, è san Matteo che l'ha detto.
- Mille scuse, signor censore. Non sapevo che san Matteo fosse l'autore del Decamerone.
- Basta così, interruppe bruscamente don Gaetano. Dove succede l'azione?
- In un caffè della città d'Atene.
- Come avete fatto parlare Ippocrate?
- Per aforismi.
- Vi sono le tre unità?
- Non ci manca che quella di luogo.
- Eccola! Eccola questa scuola moderna! Il marchese Puoti ha ben ragione di dire che, dopo la commedia di Eschilo, i moderni non hanno prodotto che delle chiucchiurlaie.
- Sono bipedi o quadrupedi queste chiucchiurlaie, eccellentissimo signor censore? chiese Bruto con un gran candore.
Don Gaetano, che, ignorando la storia naturale, ignorava ragionevolmente se le chiucchiurlaie fossero mammiferi od ovipari, evitò di rispondere e cangiò tema.
- C'è del veleno?
- Ippocrate vorrebbe avvelenarsi con dell'acido prussico in una presa di tabacco, ma vi dorme su e cangia d'idea.
- Può andare. Vi sono donne?
- Una monaca di casa ed alcune altre.
- Ma delle donne maritate, delle amanti?
- Oh no!
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