È impossibile descrivere la faccia stupefatta e spaventata di don Noè, quando vide suo nipote così profumato e trasformato. Comprese ipso facto il naufragio del suo denaro. Si cacciò le mani nei capelli e non trovò neppure un suono nella sua gola, per cacciarne fuori l'imprecazione che vi rantolava. Bruto s'avvicinò con un'aria seducente e in pari tempo grave e solenne e gli disse:
- Caro zio, datemi la vostra benedizione, prendo moglie.
A questa notizia esorbitante, don Noè saltò al collo di suo nipote e l'avrebbe strangolato, se Bruto non l'avesse preso per le mani con gentilezza e forzato a sedere.
- Tartaruga, diss'egli, un bicchiere d'acqua fresca per mio zio.
- Il denaro? gridò il sagrestano con voce sincopata.
- Il denaro! che denaro? ah! il vostro.... ebbene, erupit, excessit, evasit, ha detto Cicerone; defluere ex templo, scrisse Plauto.
La collera, il dispetto, il dolore soffocarono don Noè. I suoi occhi erano iniettati di sangue e di bile, tutte le fibre del suo corpo erano invase dal tetano: balbettava.
- Va via da casa mia, scellerato, ladro, dissipatore! gridava egli. Il sudore della mia fronte; i miei poveri risparmi! Cantare per quarant'anni litanie e responsori: servire per quarant'anni messe per farmi scialacquare il guadagno in pochi minuti da questo infame.... Oh! via, va via, che non ti veda mai più, o non so come l'andrà a finire.
- Zio! sanum extenuat ira, dice la scuola di Salerno, rispose Bruto con dolcezza angelica, incrociando le braccia sul petto.
- Fuori, dunque, canaglia! via, animale! continuava a gridare il sagrestano, storcendosi sulla seggiola e pestando i piedi.
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