- E voi? chiese egli continuando il suo giro ad un povero diavolo, magro, giallo, sporco, il ritratto della avidità.
- Dottore! da cinque giorni ho dei dolori allo stomaco intollerabili.
- Per Giove! è la gotta che si getta allo stomaco.
- Ma io non ho mai avuto gotta, dottore. Sono paglietta e cammino in un giorno più che la posta reale in un mese.
- Sono, dunque, gli stomacali.... dolori di stomaco, capite? Che diamine! Decotto di chinina con tintura di gluton.
- Avete comandi a darmi?
- Una preghiera; pagatemi il consulto.
- Lo sconteremo a miglior occasione. Servo, signor dottore.
- Son tutti gli stessi! disse il dottore continuando il giro. E tu?
- Eccellenza, ho ricevuto un calcio da un cavallo.
- Decotto di china. - E vostra reverenza?
- Io sono don Noè, sagrestano del parroco di San Matteo, vostro fratello.
- Ah! sì, mio fratello m'ha detto qualche cosa. Questo giovanotto è, dunque, vostro nipote?
Bruto non aveva perduto una sillaba di quello che il dottor Tibia aveva detto ai suoi clienti: egli aveva osservato tutti i suoi gesti, le sue maniere, spiato ed indovinato i suoi istinti. Lo aveva, quindi, compreso e giudicato. Prese, dunque, il contegno che gli parve più conveniente con quello sciocco ed ignorante bestione e rispose:
- Ai suoi comandi, dottore.
- Da chi avete studiato medicina, giovinotto? Spero che non sia stato da uno di quei ciuchi sistematici....
- Ai suoi comandi, dottore.
Don Noè sembrava lieto del contegno di suo nipote, da cui aveva temuto qualche contegno stravagante, che avrebbe fatta cattiva impressione sul dottore.
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Giove San Matteo Tibia
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