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      Il sudore le gocciava dalla fronte e impallidiva. Niente ancora. Tartaruga allora sventrò tutto il pagliericcio e finalmente trovò un pacchetto di carte, che gettò davanti a Bruto.
      - Che roba è codesta? sclamò don Gabriele. Bruto gli porse il pacco.
      - Cosa? chiese il burattinaio.
      - Guarda.
      - Tremila ducati in biglietti di banca!
      - Potete prendere una stanza per voi, don Bruto, disse Tartaruga, e lasciarmi un cantuccio nella cucina. Avete bisogno di qualcuno che vi serva.
      Bruto, commosso, non rispose. Don Gabriele, invece, brontolò:
      - Lascia che ti abbracci, vecchia mia. Se non mi avessi tanti imbarazzi in casa, ti sposerei.
      Tartaruga andò a cercare le scarpe di Bruto e si mise a lustrarle.
      - Dove mai il buon Dio va a nascondere dei cuori d'oro! mormorò Bruto fra sè.
      - Ma! rispose don Gabriele sorridendo, là dove annicchia le sue perle: in un'ostrica.
      - Oh! non sempre, rispose Bruto, guardando di nuovo involontariamente alla finestra.
      Don Gabriele si alzò.
      - A domani, disse egli.
      - A domani, rispose Bruto. Pranzeremo qui avanti di abbandonare questa stanza.
      Che sarebbe divenuto Bruto, se avesse continuato a vegetare col dottor Tibia e se suo zio non fosse morto?
      Non tutti i mali vengono per nuocere, dice il proverbio.
      Il domani, a mezzogiorno, don Gabriele arrivò con una certa aria preoccupata.
     
     
     
      CAPITOLO XII.
     
      Ciò che si cerca e ciò che non si cerca.
     
      Quella istessa mattina verso le dieci, un uomo molto avanzato di età e considerevolmente maltrattato dalla fortuna si presentava al vico Pellari, numero 3.


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Il sorbetto della regina
Romanzo
di Ferdinando Petruccelli della Gattina
Editore Treves Milano
1890 pagine 267

   





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