- Il mio colonnello l'ha creduto e lo crede ancora. La camera ove egli l'aveva lasciata, vico del Sole, al suo ritorno, era occupata da un cuoco.
- L'è proprio sfortunato codesto tuo colonnello-sergente.
- Se ne tornò al suo paese, dove si diverte a dare la ferula ai ragazzi. Ora, mi dirai dove abita questa Serafina Minutolo?
- Hai finito, brutto spione, colle tue storie, eh?
- Quali storie, dunque?
- E che sì che il tuo curato e la tua buona signora non si chiamassero ei forse il commissario Campobasso e madama polizia?
- Che diavolo borbotti, dannata megera! Tu mi insulti!
- Io sono Serafina Minutolo. E poi? cosa vuoi adesso?
- Se tu accogli così coloro che ti portano del lavoro, come mai ricevi tu il padron di casa quando viene a riscuotere il fitto?
- Te lo mostro io, come lo ricevo, sclamò Serafina alzando la sua scopa sopra don Gabriele, che il lettore avrà già riconosciuto.
Don Gabriele non attese questa dimostrazione pratica.
Dimenticando che era zoppo, fece un salto dalla camera al pianerottolo, gridando:
- Che il diavolo ti confonda! Se non si trattasse che di te, madrigna di Satana....
Non aggiunse di più, perchè la scopa gli rasentò la faccia come un cervo volante. Mentre si precipitava giù per le scale, rovesciò quasi una ragazza che saliva tutta trafelata.
Questa non si azzardò a guardare, tanto più che la scala era buia. Don Gabriele restò sul pianerottolo del quinto piano sbirciando in su. Scorse Serafina che lo seguiva, poi la vide trascinata dalla giovinetta e l'uscio della stanza si chiuse con fracasso.
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