- Come? sclamarono in coro il colonnello, il burattinaio e Tartaruga.
- Sì: vado a presentarvi la mia promessa. Non vi ho annunziati; ma, ne son certo, la vostra visita la colmerà di piacere.
Seguì(8) un movimento di silenzio. Tartaruga si ritirò nella sua stanza e si mise a piangere.
Il sergente accese la pipa, don Gabriele incrociò le braccia dietro la schiena, Bruto cacciò le mani nelle tasche e via. Si sarebbe detto che seguissero un funerale: silenzio su tutta la linea. Percorsero così la via Foria, il Largo delle Pigne, Toledo; poi ascesero pel vico Tre Re e presero a sinistra per la strada Speranzella.
- Dove diamine andiamo? chiese don Gabriele.
- Poco lontano di qui, rispose Bruto.
- Sarebbe mai da?... disse egli con ansietà.
- Ancora due passi, voltate a dritta, là!... Siamo nel vico. Al numero 3. Lo conosci tu, don Gabriele?
- L'avevo indovinato. Non fa nulla, sei un bravo giovane e che il diavolo porti chi non ti vuol bene.
- Andiamo al settimo piano, colonnello, siete stanco?
- Andate avanti, vi seguo anche al decimo.
Ed eccoli all'uscio.
Bruto picchia: silenzio! Picchia di nuovo: silenzio! Don Gabriele assale la porta a pugni. Silenzio! Il colonnello batte con la sua gamba di legno. Nessuno!
- Sono uscite, dice Bruto.
S'apre l'uscio del sesto piano. Una donna viene sul pianerottolo e dice:
- Chi cercate, signori?
- Serafina Minutolo, risponde Bruto con voce turbata.
- È scomparsa da tre giorni, ella e sua figlia, risponde la donna.
- Come? sclamò Bruto.
- Sono venuti a cercar la Lena: gente di teatro, capite.
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