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- Don Gaudioso, permettete che legga questa ricetta?
Il farmacista gliela porse. Bruto la lesse e gridò:
- Misericordia! Tibia! il dottor Tibia! Non poteva esser che lui! Ma l'ammazza quella disgraziata, l'ammazza come egli ammazzò il mio povero zio! Oh! ragazza mia, dite alla vostra padrona che non prenda più di queste misture d'inferno.... Scusa, don Gaudioso, prima di tutto l'amor del prossimo e della professione. Sì, sì, madamigella, che la vostra padrona mandi via quell'asino, quel boia di medico; egli non ha capita mai la malattia.
- Che cosa dite mai, signorino? sclama la cameriera spaventata.
- La verità. Quella bestia di medico non ha indovinato la malattia. La vostra padrona ha tutt'altro e le occorrono medicamenti ben diversi.
- Ma Bruto, Bruto; sclamò don Gaudioso.
- Scusa, caro mio, ma l'umanità....
- Che umanità mi vieni ora a raccontare! rispose il farmacista; le umanità, sì, le si studiano al collegio. Tu soffi la ribellione in mezzo ai miei clienti. Tu vai a fare insorgere contro me tutti i medici....
- È vero, caro amico, ho torto, te ne chiedo scusa; ma veder uccidere così una giovane donna, bella forse!...
- Quanto a bellezza, la è una stella, interruppe la cameriera.
- Ricca, forse, felice, di buona famiglia! Oh perdonami, don Gaudioso, ma il cuore mi sanguina, gli è un peccato....
- Ma sai tu che codesto peccato mi produce una piastra al giorno, caro mio! Sai tu che dei clienti così puntuali come il conte Ruiz di Llamanda, signor mio, ce ne sono pochi! e primum ego ha detto Cicerone.
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